lunedì 4 febbraio 2008

Il Mulino del Seicento


Le acque del fiume Lavino, sono state utilizzate oltre che per la normale irrigazione dei campi limitrofi, anche per l’alimentazione di ben quattro centrali idroelettriche e per il funzionamento di una segheria e di cinque mulini a palmenti, tra cui il Mulino Farnese.
Datato al XVII secolo e funzionante fino a qualche anno fa, il mulino è dotato di un impianto orizzontale che rende attivabile tre coppie di macine posizionate a pian terreno del fabbricato, nella parte bassa a contatto con l’acqua si trovano due luci per l’entrata e la fuoriuscita della stessa che veniva convogliata alle ruote da pale in legno. Le tre macine servivano rispettivamente per la macinatura di frumenti diversi: grano, granone e altri prodotti tra cui le “misture” di orzo, segale e granturco. La farina così ottenuta veniva convogliata in una grossa vasca in legno posta di fronte alle macine.
Fonti storiche datano la fondazione del mulino al XVII secolo, ma le vicende storiche più intriganti sono quelle che raccontano gli abusi da parte dei cosiddetti “molinari” (mugnai), colpevoli di consegnare ai contadini che si recavano a macinare i frutti della propria terra una quantità inferiore di farina rispetto a quella che spettava loro. In effetti l’utenza principale del mulino era costituita in particolar modo dai contadini delle campagne circostanti che puntavano a una resa maggiore piuttosto che a una qualità elevata della farina, non a caso vi veniva praticata la cosiddetta “bassa macinatura.”
Con l’insediamento delle prime industrie, soprattutto minerarie, la valenza del mulino fu compresa anche dai dirigenti della Rhe che fecero alla fine del 1800, una generosa offerta ai suoi proprietari per acquistarlo, ma il loro rifiuto li costrinse a costruire una centrale che captasse le acque del fiume più a monte del mulino stesso.

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